rAn number 6, April 1994 The zine is no copyrighted for the anarchist movement, please if you use "rAn" for your publications, please send us a copy. ----------------------------------------------------------------------------= A very strange theme: the relationship between revolution and misfortune. The contents: an article on "self-fullfilling prophecy" in political activism, a text on the revolutionary songs, and a true kafkian story of a 'rAn' friend. ----------------------------------------------------------------------------= rAn, n.6, aprile 1994 per la liberazione dell'intelligenza ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ "Peccato che sia cosi' ammalato; lo perderemo presto, non ne ha per sei mesi." Cosi' si esprimeva Bakunin, parlando di Malatesta, nel 1872. Questa poco allegra previsione ci introduce al tema di questo numero di rAn: "Fortuna avversa e Rivoluzione", un tema, scommettiamo, mai trattato prima in nessuna pubblicazione anarchica o rivoluzionaria. La ragione per la quale cio' e' avvenuto ci rimane oscura anche se non abbiamo alcuna intenzione di indagare in merito. La domanda di partenza che ci siamo posti era: "per fare la rivoluzione occorre anche un po' di fortuna?". Non crediamo che nelle pagine che seguono ci siano della risposte, ma questo lo davamo gia' per scontato. L'autopsia comprende le profezie che si autoavverano, una storia vera a lieto fine e qualche idea sulle modifiche da apportare al canzoniere sovversivo; il tutto bilanciato da una una bella poesia di D.H. Lawrence con la quale ci sentiamo molto in sintonia. Il domino riprende uno dei nostri argomenti piu' trattati, quello del linguaggio, proponendo un microdizionario dei termini da evitare. I feticci ci svelano la vera identita' di un giornalista che negli ultimi mesi e' stato alla ribalta di tutti i media e le "solite" gocce forniscono l'indispensabile contorno al tutto. Per ritornare alla fosca previsione con cui abbiamo iniziato, ricordiamo, per i meno ferrati in storia che Bakunin sarebbe morto di li' a quattro anni (nel 1876) e Malatesta gli sarebbe sopravvissuto per altri 56, morendo nel 1932! Salute. RAN ******************************************************************** ********** Profezie ^^^^^^^^^ Tutti sappiamo che il nostro comportamento influenza in qualche modo gli avvenimenti futuri, ma, questa affermazione di principio spesso non trova le applicazioni pratiche che dovrebbe. In politica, ad esempio, categorie come "fortuna" e "sfortuna" hanno raramente posto sebbene vengano generalmente utilizzate, anche se sotto mentite spoglie. In questo senso le ben note "corna" fatte dal presidente della repubblica Leone all'indirizzo degli studenti che lo contestavano, contenevano "in nuce", il suo destino futuro di "capro espiatorio", costretto alle dimissioni prima del tempo. Quest'anno e' stata approvata una leggina che vieta la diffusione dei risultati di sondaggi di opinione nelle fasi piu' calde della campagna elettorale. Con quasi mezzo secolo di ritardo, i politici si sono miracolosamente accorti che, il piu' delle volte, questi sondaggi sono in grado di determinare il comportamento elettorale degli utopisti che vanno ancora a votare molto piu' di qualsiasi discorso. Sarebbe bastato leggere uno delle migliaia di testi scritti sull'argomento per arrivare alla stessa conclusione vent'anni prima. Ma le persone non sono ovviamente solo influenzate dall'esterno: per fare si' che un comportamento abbia luogo occorre anche una "collaborazione" dell'individuo stesso. In questo contesto accade che l'attivita' politica dei singoli, e dei gruppi, venga determinata da fattori che hanno ben poco a che vedere con la razionalita' e molto di piu' con la magia. E, tra le magie, piu' riuscite c'e' quella della "profezia che si autodetermina". La "self-fulfilling prophecy", come e' stata chiamata da quelli che l'hanno studiata, vale a dire soprattutto gli psicologi della scuola di Palo Alto [vedi, ad esempio, P. Watzlawich et al., Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio, Roma 1971, p.90-91, 150. P. Watzlawich, La realta' della realta', Astrolabio, Roma 1976, p.202 (nota)!, potrebbe essere espressa, a livello della comunicazione, dalla frase "dare una cosa per scontata". Quando, discutendo, diamo una cosa per scontata, non possiamo mai essere certi (al 100%) che lo sia realmente, ma, nonostante questo, ci comportiamo come se lo fossimo generando spesso equivoci e/o fraintendimenti. A livello del comportamento questo significa reagire a qualcosa che si e' provocato. In altre parole se su un quotidiano economico appare un articolo nel quale si prevede che il tale titolo potrebbe (sottolineamo potrebbe) avere un rialzo nelle sue quotazioni in Borsa, e' molto probabile che questo avvenga realmente e non perche' il giornalista che lo ha previsto sia particolarmente dotato di capacita' extrasensoriali. Basta che ci siano un certo numero di operatori che mettano in moto quel meccanismo a catena di acquisto del titolo in questione, ritenuto - in base all'articolo letto - un buon investimento. Alla fine la profezia si sara' autoverificata proprio grazie al comportamento di persone che credevano di approfittare di una buona informazione. Si e' reagito a qualcosa che in realta' si e' provocato noi stessi. Questo gioco funziona anche al contrario. Quando il Pci ha operato la sua svolta storica, diventando PdS, lo ha fatto - probabilmente - anche al fine di frenare l'emorragia di voti che stava subendo da qualche turno elettorale a quella parte e per prevenire il pericolo di scissioni a "destra"; ma uno dei risultati che ha ottenuto e' stato paradossalmente un altro, quasi opposto: la perdita di voti e' continuata anche grazie ad una scissione a "sinistra". Il comportamento dei suoi dirigenti si basava infatti su delle premesse errate e non poteva che avere risultati dello stesso tipo. C'e' poi l'esperienza di quelli di noi che almeno una volta nella vita hanno organizzato di malavoglia una iniziativa ritrovandosi poi, puntualmente, con un fiasco piu' o meno clamoroso, in quanto un atteggiamento rinunciatario, triste, sfiduciato e' la migliore premessa affinche' una attivita' fallisca. Naturalmente non e' detto che basti solo essere piu' ottimisti perche' le cose migliorino, ma, sicuramente, un atteggiamento del genere e' un punto di partenza necessario. Il meccanismo e', per certi versi, simile al discorso anarchico dei mezzi e dei fini. Le impostazioni date a un lavoro devono coincidere con i risultati che ci si attende, altrimenti si imbocca una strada diversa da quella che si voleva prendere, col risultato di ritrovarsi da tutt'altra parte rispetto alla meta alla quale si puntava. La rivoluzione, quella vera, quella sociale, riuscira' solo se sara' fatta con e per gioia. Pepsy =09 ******************************************************************** ********** Venceremos? ^^^^^^^^^^^^ "Lenin ha detto che i fatti sono ostinati. Era l'errore di un ideologo: l'idea fissa e l'idea forza sono ancora piu' ostinate. Il mito e l'ideologia distruggono e divorano i fatti." Cosi' ha recentemente scritto Edgar Morin, per sostenere come gli esseri umani raggiungano il reale, la realta', solo grazie alla mediazione di simboli, concetti, immagini, miti. Uno dei casi in cui e' piu' evidente tale simbiosi, tra miti ed ideologie, e' nei canti politici, popolari o sociali che dir si voglia. Da sempre, l'evento epico, preferibilmente tragico, assieme alla figura dell'eroe preferibilmente caduto, alimentano e a loro volta traggono nutrimento dall'ideologia tradotta in versi. Cosi' la costruzione del mito attraverso il canto del sacrificio supremo passa, indistintamente, sia negli inni di guerra e nazionalisti sia in quelli del lavoro e dell'emancipazione. Senza ignorare le tradizioni cristiane, in epoca moderna fu la Rivoluzione francese ad aprire la via all'utilizzazione pubblica di miti e simboli come autorappresentazione nazionale con cui il popolo potesse identificarsi e che gli dessero un sentimento di partecipazione. I morti furono trasformati in simboli della Rivoluzione, assorbiti dal tema della liberta'. Per esempio, il quadro di Jean-Louis David che raffigura Marat morto - sicuramente uno dei dipinti piu' famosi della Rivoluzione - trasforma l'eroe assassinato in un concetto astratto ad imitazione dei modelli classici; la morte personale diviene un simbolo della liberta' martirizzata. In vita come in morte, l'individuo si trovava riassorbito nello spirito della Rivoluzione. Questa visione della morte era strettamente legata all'attenzione giacobina per il mito e il simbolo, per la costruzione di una nuova religione basata sulla "volonta' generale del popolo". L'anno 1782, che vide la Marsigliese riconosciuta come l'inno ufficiale della Repubblica, fu anche l'anno in cui la celebrazione della morte fu messa al centro delle feste rivoluzionarie. I martiri della Rivoluzione (Marat, Chenier, Mirabeau...) divennero cosi' oggetto di un vero e proprio culto che contribui' a legittimare e "rendere popolare" il dominio giacobino. Tale piu' o meno lugubre simbologia in Italia ha continuato a tramandarsi via via attraverso il Risorgimento, il sorgere del movimento operaio, gli attentati anarchici, la Grande Guerra, il fascismo e la resistenza, per giungere sino ai nostri giorni. Il testo di ispirazione comunista de "Per i morti di Reggio Emilia" (1960) o il fatto che i piu' recenti titoli del "canzoniere anarchico" siano dedicati a due compagni uccisi, Pinelli (1969) e Serantini (1972), lo dimostrano alquanto chiaramente. Se infatti, sicuramente il primato della macabra esaltazione della morte appartiene al cantare fascista, con le sue apoteosi franchiste e repubblichine, e' altrettanto innegabile che pure la sinistra e gli anarchici in molti casi hanno partorito strofe da brividi invitando i propri martiri ad "uscire dalla fossa, fuori a cantar [...! bandiera rossa" o salutando "la morte bella e vendicatrice"; mentre rimaniamo debitori verso la Rivoluzione Messicana della, forse, unica eccezione a questa infausta tradizione: vi ricordate "La cucaracha"? il segretario di Panurge ******************************************************************** ********** Kafka e la Digos ^^^^^^^^^^^^^^^^^ Ci sarebbe da credere alla jella... Mi sono pure riletto "Il processo" di Kafka e "Il Sosia" di Dostojevskij, per cercare di capire questa storia in cui mi sono trovato coinvolto. Prima vengo processato, assieme ad una quantita' di compagni, per un blocco stradale a cui non ero presente e quindi assolto "in quanto il fatto non costituisce reato", dopo essere stato comunque ritenuto presente ai fatti, sulla base della testimonianza di alcuni zelanti poliziotti. A quel punto la faccenda aveva assunto tali toni surreali da lasciar immaginare che sarebbe finita li', invece... e' stata denunciata per "falsa testimonianza" la persona che era venuta in tribunale a testimoniare che quel giorno non potevo bloccare un bel niente perche' mi trovavo con lei. Dopo un primo momento in cui non ho potuto fare a meno di pensare che qualcuno ce l'avesse con me, tendo ad escludere una volonta' persecutoria nei nostri confronti, sia perche' sarebbe semplicemente ridicolo sia per la mia avversione ad un certo vittimismo politico. Sempre che, quanti ci hanno infilato in questo paradosso, non lo abbiano fatto facendo proprio quel discutibile proverbio cinese che consiglia: "Quando torni a casa ricordati di bastonare tua moglie; anche se tu non sai perche', lei sicuramente lo sa". Cosi' ho finito quasi per autoconvincermi che deve esserci stato uno scambio di persona, con l'aggravante d'essere una "vecchia conoscenza" e quindi potenzialmente implicato o presente in ogni sommovimento sociale planetario. Ma anche questa evenienza mi lascia perplesso pure perche', se cosi' fosse, mi chiedo quante altre denunce e sorprese dovrei attendermi. Il senso, se un senso c'e' in tutta questa vicenda, va ricercato altrove: nella aprioristica esclusione del dubbio dal meccanismo di ricerca della verita' giudiziaria. Chi giudica non puo' ammettere terze ipotesi o punti interrogativi: la verita' e' sempre univoca e guai a chi si azzarda ad insinuare il contrario. Per loro, abbiamo semplicemente rappresentato una variabile non prevista e quindi, in quanto tale, andavamo rimossi e puniti; ma non ci convinceranno ad accettare la loro verita': porta male. (Un amico intimo di Jean Rabe) P.S. L'epilogo della vicenda continua ad avere toni kafkiani: la persona imputata di "falsa testimonianza" e' stata assolta dal Tribunale "in quanto il fatto non costituisce reato". Come dire: abbiamo capito che l'accusa era infondata, ma non ammetteremo mai un'altra verita' diversa dalla nostra. ******************************************************************** ********** Kafka e gli anarchici ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ Sfogliando la biografia e l'opera, si scoprira' una relazione tutt'altro che aneddotica tra Kafka e il pensiero libertario, che illumina di una nuova luce l'universo intellettuale dell'ebreo tedesco di Praga. Senza voler grossolanamente ridurre il suo lavoro e il suo ricco pensiero ad una militanza intellettuale, vediamo - molto in breve - cio' che lo avvicina al nostro movimento e alle nostre idee. I suoi contatti con i gruppi anarchici di Praga risalgono all'epoca in cui fa il suo ingresso nell'amministrazione di una cassa mutua per lavoratori. Partecipa ben presto alle numerose riunioni anarchiche organizzate dal Mlodite club, l'associazione operaia Vites Kerber - anticlericale e antimilitarista - cosi' come alle attivita' del movimento anarcosindacalista. Al momento delle condanne a morte, in Spagna del pensatore e pedagogista libertario Francisco Ferrer ed a Parigi dell'anarchico Liabeds, Kafka partecipa alle manifestazioni di protesta, entrambe disperse con violenza dalla polizia ceca. Nel corso della seconda fu addirittura arrestato e portato dentro. Le testimonianze di anarchici come M. Kasha (uno dei fondatori del movimento anarchico ceco) e M. Mares concordano nell'affermare l'interesse e la simpatia che legavano allora Kafka al movimento anarchico. Interesse e simpatia (Kasha, che stima molto Kafka, l'aveva soprannominato Klidos "il gigante tranquillo") che superavano l'ambito relazionale. La lettura di Kropotkin, Jean Grave e Bakunin non l'avevano lasciato indifferente. E' possibile, senza voler fare ardite sintesi, trovare tracce dello spirito anti autoritario, addirittura ribelle, che caratterizza il pensiero libertario, in certune delle sue opere. Potremmo per esempio citare la Lettera al padre (1919) in cui e' piu' che evidente il parallelo tra la lotta contro l'autorita' familiare e quella degli sfruttati contro il loro nemico. Max Brod fa notare che la struttura realista di numerosi capitoli del Processo e del Castello traggono origine dall'esperienza dell'impiegato Kafka nel lavoro alle assicurazioni e dalla sua rivolta contro il lavoro burocratico e la burocrazia. A partire dal 1913, Kafka si interessera' in maniera ancor piu' particolare alle attivita' dei circoli ebrei e sionisti, tralasciando la partecipazione alle attivita' anarchiche. Bisogna allora concludere che le tendenze libertarie hanno segnato solo un periodo passeggero della sua vita? Niente di piu' falso. A prova di cio' i suoi incontri con G. Janusz, verso il 1920, nei quali parla con calore delle sue amicizie anarchiche ed espone delle tesi sociali molto prossime alle loro. La critica che muove allo Stato ed ai suoi scherani, al sistema capitalista che implica una gerarchizzazione di ogni relazione ed una totale subordinazione e' tipicamente anarchica, cosi' come quella che muove al movimento operaio, manipolato dai politici, "moderni sultani a cui (gli operai) preparano la strada verso il potere". La storia delle rivoluzioni e del parlamentarismo gli ha poi dato ragione. La messa a nudo operata da Kafka nei confronti dell'apparato statale, dell'assurda e meccanica brutalita' che esercita; la denuncia del cupo terrorismo che prende avvio negli oscuri uffici della tecnoburocrazia; delle istituzioni politiche, giudiziarie e militari che condannano ad ogni istante nelmondo, un uomo a morire "come un cane", fanno si che, al di la' delle intenzioni e delle apparenze ideologiche, Franz Kafka sia stato e resti un nostro compagno. Almudena Tebar (tratto da Magazine Libertaire, traduzione di Furio Lippi) ******************************************************************** ********** A Sane Revolution ^^^^^^^^^^^^^^^^^^ If you make a revolution, make it for fun, Don't make it in ghastly seriousness, Don't do it in deadly earnest, Do it for fun. Don't do it because you hate people, Do it just to spit in their eye. Don't do it for the money, Do it and be damned to the money. Don't do it for equality, Do it because we've got too much equality And it would be fun to upset the apple-cart And see which way the apples would go a-rolling. Don't do it for the working-classes. Do it so that we can all of us be little aristocracys on our own And kick our heels like jolly escaped asses. Don't do it, anyhow, for international Labour. Labour is one thing a man has had too much of. Let's abolish Labour, let's have done with Labouring! Work can be fun, and men can enjoy it; then it's not Labour. Let's have it so! Let's make a revolution for fun! D. H. LAWRENCE Una rivoluzione sensata ^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^ Se fai una rivoluzione, falla per divertimento, Non farla con spaventosa serieta', Non farla mortalmente sul serio, Falla per divertimento. Non farla perche' odi la gente, Falla solo per sputare nei loro occhi. Non farla per soldi, Falla e siano dannati i soldi. Non farla per l'uguaglianza, Falla perche' abbiamo avuto troppa uguaglianza E sarebbe divertente rovesciare il carretto delle mele per vedere in che direzione rotolano. Non farla per i lavoratori. Falla perche' ognuno di noi possa essere un poco aristocratico con le sue proprieta' E possiamo battere i tacchi felici come asini fuggiti. Non farla, in ogni caso, per i lavoratori di tutto il mondo. Il Lavoro e' una cosa della quale un uomo ne ha avuto gia' abbastanza. Aboliamo il Lavoro, facciamola finita col Lavorare! Lavorare puo' essere divertente, e l'uomo puo' gradirlo; ma cosi' non e' piu' Lavoro. Facciamo che sia cosi'! Facciamo la rivoluzione per divertimento! D.H. LAWRENCE ******************************************************************** ********** Gocce ^^^^^^ Molte persone, leggendo "Il Pendolo di Foucault" di Umberto Eco, si saranno chieste cosa diavolo significasse la citazione in ebraico all'inizio del primo capitolo. Ve lo riveliamo noi, alla faccia di quello snob - anche se simpatico - di Eco. "Ed ecco che la luce dell'infinito che prosegue come una linea retta dentro lo spazio vuoto summenzionato, non continuo' e si espanse subito fino al basso, veramente si espanse piano piano, voglio dire che in principio la linea della luce comincio' ad espandersi, e subito all'inizio della sua espansione la linea della luce in segreto continuo' ad espandersi e si fece come un occhio che gira tutto attorno." (Traduzione gentilmente fornitaci da Furio Biagini) ----------------------------------------------------------------------------= -- Clerical Game. Che possa esistere un gioco di societa' chiamato "Catechic" e sulla cui scatola campeggi l'effige di JP2 con tanto di autorizzazione vaticana non ci sorprende affatto. Quello che ci ha incuriosito e' il livello di blasfemia che tale prodotto raggiunge, in qualsiasi altro caso - pensiamo ad un gioco prodotto da una associazione atea, ad esempio - siamo sicuri che sarebbero partiti i soliti strali clericali. Il campo da gioco e' una chiesa, scopo dei giocatori (che impersonano i 4 evangelisti) e' partire dal sagrato e giungere alla cappella, evitando la cripta, conquistare l'aureola e tornare al punto di inizio. Il tutto seguendo il regolamento ("Le tavole della legge") e rispondendo ad una serie di domande (scelte tra mille) di "cultura religiosa". Per l'edificazione dei lettori trascriviamo alcune di quelle piu' significative, tralasciando errori ed omissioni varie. St. Honore' e' il patrono dei pasticcieri? Quale e' la targa della vettura coperta del papa? Chi era il protagonista del film "Uccellacci e uccellini"? Quale scrittore americano ha scritto "Gli angeli della desolazione", "I vagabondi del Dharma" e "Sulla strada"? Quante vertebre sacrali possiede un essere umano di normale costituzione fisica? Come viene chiamata la macchina del papa? Amen. N.B. La redazione di rAn accetta sfide di altre redazioni. ----------------------------------------------------------------------------= -- L'Oscar per il termine piu' usato-abusato del 1993, ma anche in questi primi mesi del 1994 non si scherza, e' andata certamente a "realta' virtuale". Non c'e' quindi da meravigliarsi se lo scorso anno siano uscite (almeno) due riviste "di massa" dedicate a questi temi. Neural, bimestrale, 64 pagine, 7mila lire, che compare dietro la leggendaria dicitura "supplemento a Stampa Alternativa" ha come sottotitolo "realta' virtuali, network, media, suoni futuri, fantascienza, ufo". Si presenta molto simile alle riviste del nuovo underground statunitense: una via di mezzo tra una fanzine patinata di movimento ed una pubblicazione per i radical-chic del 2000. Testi stampati in caratteri minuscoli, illustrazioni rigidamente in bn spesso senza indicazioni della loro provenienza, ampio spazio alla musica, angolo dell'ufologia e un pizzico di comics. Una strizzatina d'occhio all'illegalita' informatica e l'insopportabile snobismo di mettere il numero di pagina utilizzando la numerazione binaria (quella con solo 0 e 1). Virtual, mensile, 84 pagine, 6mila lire, grafica da rivista di divulgazione scientifica, caratteri di stampa grandi e bei colori, ha come sottotitolo "mensile di realta' virtuale e immagini di sintesi". Pochi gli articoli ad alto contenuto tecnologico/pratico, prevalgono invece quelli di interpretazione dell'impatto e sul possibile sviluppo nelle nuove tecnologie sulla societa'. Tutti i temi sono trattati con molto buonsenso e moderazione, qualche brivido proibito quando si parla di cyberpunk. Neural e Vitual, hanno molto e poco in comune, sicuramente si rivolgono a due settori di pubblico confinanti ed in parte sovrapponibili, finora (marzo 1994) nessuna delle due si e' ancora "scoperta" nel proporre qualcosa di piu' pratico e di massa che non sia ripetere le esperienze col powerglove (gia' abbandonate da tempo in Usa) o incensare il cyberspazio e tutti i suoi abitanti. Se ne consiglia una lettura saltuaria anche perche' temiamo che, dopo un anno, il loro contenuto sara' terribilmente ripetitivo. ----------------------------------------------------------------------------= -- Virus. "Questa rivista e' NO-COPYRIGHT, tranne che per le persone e le societa' che lavorano per il mantenimento della struttura chiusa dell'informazione": con questo simpatico biglietto da visita si apre il n.1 della nuova rivista "Virus", edito dalla omonima associazione culturale. Copertina patinata, veste pretenziosa, articoli plurilingue, prezzo proibitivo (L.8000!) e grafica trend non incoraggiano sicuramente il consumo di tale prodotto; ma forse non sono soldi del tutto buttati via. Da segnalare incontri con Jarman, Ballard, Lyotard; cosi' come un intervento di Curcio (Renato) su l'AIDS e una pagina sul cyber-comix. (Virus, via Caposile, 10, 20137 Milano) ----------------------------------------------------------------------------= -- Ancora editoria. INTERZONA (c/o Tomasuolo CP 203, Torino) ha due punti di riferimento principali: Gibson e Burroughs e se ne infischia totalmente delle regole di mercato (dall'editoriale del n.1, 17/12/93), peccato che il mercato non sia dello stesso parere e voglia essere pagato 4mila lire per una copia di questa rivista di fumetti non troppo originale. Ancora a proposito di mercato, e' divertente leggere l'editoriale di HARD TIMES (n. 1, luglio 1993) pieno di tante buone intenzioni contro intellettuali, leaders, mercato, ecc. e poi ritrovare - appena qualche centrimetro piu' sotto - un disegno con dedica fatto da un noto (e bravo) autore di fumetti italiano, eseguito (come si puo' leggere dalla firma) in occasione di una ancor piu' nota mostra "mercato" del fumetto. ----------------------------------------------------------------------------= -- Quaderno del Sale. Nel 18x anniversario della fondazione di questa importante testata di satira politica; la nuova edizione, col sottotitolo "settimanale incazzato per il popolo paziente e bastonato", sembra proprio un insulto alla memoria dei fondatori del giornale (Zac, Silva, Fusco) di allora. L'aria che tristemente vi si respira e' quella di una satira sostanzialmente qualunquista, senza mordente; una brutta scopiazzatura di sinistra del fogliaccio leghista "Fegato", che a sua volta e' gia' tutto fuorche' originale. ----------------------------------------------------------------------------= -- Ancora peggio. Durante la recente campagna di rincoglionimento elettorale hanno riesumato anche "il Male", fatto scendere in campo (si deve dire cosi') a favore dei progressisti, ahiloro. Una vera e propria resurrezione anche perche' quello che appariva sotto la leggendaria testata era un ben misero fantasma del suo pur nobile e sovversivo passato. Nonostante gli sforzi fatti (pochini per la verita') non si riusciva a ridere per le battute di "Porca Italia" e le false copie dei quotidiani allegati al numero sembravano piu' vere (false) del solito. Sull'altra barricata e' invece comparso un "Senza Quore" che dovrebbe essere la risposta di destra a "Cuore". Lo confessiamo, visto anche il giudizio che abbiamo dato a suo tempo (vedi rAn n.1) del settimanale di resistenza umana, non abbiamo avuto il cuore di comprare anche l'altro e ci limitiamo quindi a segnalare la schifosa grafica di prima pagina. ----------------------------------------------------------------------------= -- GRATIS. Sotto questo beneaugurante nome e' nata una nuova (?) casa editrice (info c.p. 2259 Firenze), che gia' si e' distinta con una serie di titoli e di autori interessanti. Bene in evidenza il marchio NOCOPYRIGHT con un accattivante invito: "Qualsiasi testo, immagine, suono che ti piace E' TUO! Dovunque lo troverai PRENDILO senza chiedere permesso e fanne l'uso che preferisci." --